L’Ossigeno Terapia Iperbarica (O.T.I.) è un trattamento sistemico basato sulla respirazione in maschera di ossigeno ad alta concentrazione (100%) e ad alta pressione (1,5 – 1,8 atmosfere).
La somministrazione si effettua in una camera pressurizzata con aria compressa e dura circa due ore a seduta. Si tratta di un’evoluzione dell’antica terapia iperbarica, originariamente impiegata per il trattamento della malattia da decompressione (Mdd).
Un po’ di storia
Per la prima volta usata in terapia da Henshaw nel 1662 con finalità mediche, la O.T.I. è stata molto più tardi impiegata da Junot (1834) come “bagni in aria compressa” in molte città europee, quale panacea a diverse infezioni.
Nel 1837, Pravez costruisce la più grande camera iperbarica del tempo, per trattare svariate patologie. Ma è solo con gli studi di fisica e fisiologia, tra la fine del 1800 e l’inizio del Ventesimo secolo, che si inizierà a capire l’effetto benefico dell’ossigeno, aprendo la strada alle attività sottomarine.
Le alterne vicende dell’O.T.I. approderanno con gli studi di Boer (1960) a risultati sicuri, che indirizzeranno verso l’uso dell’ossigeno iperbarico anche nella pratica medica. Oggi, l’ossigeno terapia iperbarica rappresenta una metodologia sicura e usata in tutto il mondo in virtù della sua capacità di garantire risultati clinici a volte impensabili.
Come funziona l’Ossigeno Terapia Iperbarica?
L’O.T.I. è un trattamento sistemico basato sulla respirazione in maschera di ossigeno ad alta concentrazione (100%) e ad alta pressione (1,5 – 1,8 atmosfere). La somministrazione si effettua in una camera pressurizzata con aria compressa e dura circa due ore a seduta.
Esistono diverse camere iperbariche:
- Camere iperbariche monoposto
È il sistema più semplice per poter effettuare una terapia iperbarica. Il letto da rianimazione utilizza come gas pressurizzante l’ossigeno, che consente al paziente di respirare liberamente evitando l’uso di una maschera. Inoltre, speciali dispositivi consentono l’infusione di liquidi dall’esterno, monitorizzazioni sofisticate e la ventilazione meccanica.
- Camere iperbariche multiposto
Le camere multiposto permettono il trattamento simultaneo di più pazienti, l’assistenza medica in loco e l’uso di attrezzature diversificate. La pressurizzazione è effettuata con aria e l’ossigeno viene somministrato al paziente attraverso particolari dispositivi.
Le dimensioni sono variabili e in grado di consentire trattamenti contemporanei da due fino a dodici pazienti; in particolari ambienti pressurizzati, è addirittura eseguibile un intervento chirurgico.
La struttura fondamentale
Una camera iperbarica è costituita da un cilindro metallico (“scafo”), chiuso all’estremità da portelli convessi o piani che, generalmente, ospitano le aperture di accesso all’interno. Tali aperture sono di norma circolari, più recentemente si costruiscono rettangolari per permettere l’ingresso a barelle o sedie a rotelle.
Tutte le camere sono dotate di un “passa oggetti” costituito da un cilindro passante attraverso la parete dello scafo, saldato ad esso e dotato di due portelli, uno all’esterno e uno all’interno della camera.
L’impianto di produzione e stoccaggio dell’aria compressa
L’aria compressa è il gas con il quale deve sempre essere alimentata una camera iperbarica per raggiungere la pressione del trattamento iperbarico. L’aria compressa utilizzata può essere principalmente prodotta in due modi:
• aria sintetica ad alta pressione;
• aria naturale depurata e compressa.
L’aria sintetica, essendo ottenuta dalla miscelazione di azoto e di ossigeno allo stato gassoso nel rapporto 21% di ossigeno e 79% di azoto, è quella che offre le maggiori garanzie di affidabilità, poiché non contiene né inquinanti né umidità.
Invece, l’aria compressa generata dai compressori deve corrispondere agli standard per l’aria respirabile (norme Din 3188) e può essere prodotta da vari tipi di compressore: ad alta o bassa pressione, a pistoni, rotativi ecc. In tutti i casi, dev’essere altamente essiccata e filtrata per ottenere i valori richiesti.
La temperatura e la pressione influenzano la formazione di acqua; pertanto, la quantità di acqua che può condensare in un serbatoio di aria compressa è notevole. Diventa, quindi, necessario “deumidificare” l’aria subito dopo la compressione e prima dell’utilizzo tramite un essiccatore: il principio dell’essiccamento è quello del raffreddamento dell’aria fino ad arrivare al punto di rugiada, cioè alla temperatura in cui l’aria risulta satura di umidità al 100% e, quindi, non potendo essere contenuta in quantità maggiori, l’acqua viene rilasciata sotto forma di condensa liquida. Oltre alla riduzione dell’umidità presente nell’aria compressa, è necessario provvedere anche all’accurata filtrazione, effettuata tramite sistemi a più stadi che provvedono all’eliminazione di particelle anche di dimensioni piccolissime.
Per prevenire l’inquinamento dell’aria compressa, i compressori devono essere allocati in zone non interessate da inquinamento atmosferico (l’aria da comprimere, infatti, è prelevata dall’ambiente esterno).
Impianto di distribuzione e condizionamento dell’aria compressa
Le tubazioni di trasferimento e distribuzione dell’aria compressa devono essere realizzate in rame o in acciaio inox, per evitare la formazione di ruggine all’interno delle condotte. Vanno inoltre evitate le tubazioni in materiale plastico, anche se conduttivo, poiché possono generare scariche elettrostatiche anche di notevole potenza.
L’aria compressa che arriva nella camera iperbarica, anche se nelle migliori condizioni fisico-chimiche (purezza, umidità, temperatura), all’interno della camera iperbarica si deteriora rapidamente sia per le azioni meccaniche (compressione e decompressione) che per la presenza delle persone (odori, traspirazione, respirazione). Per mantenere l’interno della camera iperbarica in condizioni ottimali, è quindi necessario condizionarne il microclima. Tale operazione viene effettuata facendo passare l’aria compressa attraverso una macchina esterna, appositamente costruita, che provvede al filtraggio e al condizionamento del microclima sui valori desiderati, alcune ore prima dell’impiego delle camere iperbariche.
Per il funzionamento della camera iperbarica, deve essere garantita una riserva d’aria compressa sufficiente a pressurizzare la camera stessa fino alla sua massima pressione di esercizio, considerando il numero massimo di occupanti previsto dalla capienza della camera stessa e, comunque, adeguata a quanto previsto dai protocolli terapeutici da utilizzare.
Impianto di stoccaggio e distribuzione dell’ossigeno e di altri gas respiratori
L’ossigeno necessario per le terapie iperbariche è contenuto in bombole ad alta pressione (200 bar), assemblate in insiemi da 10/20 unità o in batterie con collettori di raccordo oppure in serbatoi allo stato liquido. In entrambi i casi, esistono norme specifiche per la loro sistemazione in sicurezza.
Dallo stoccaggio, l’ossigeno dovrà essere ridotto di pressione e convogliato con una tubazione in rame oppure in tungum, con raccordi in bronzo o in ottone fino al quadro di comando della camera iperbarica.
La tubazione, colorata con il bianco, identificativo dell’ossigeno, deve avere un diametro adeguato alla sua lunghezza e correre in modo sicuro (tramite canaline o solido staffaggio), senza attraversare locali in cui un’eventuale perdita di ossigeno potrebbe essere pericolosa (come centrali elettriche, cucine, garage).
Inoltre, tutti i componenti del circuito dell’ossigeno vanno perfettamente puliti e sgrassati dopo
l’installazione; le parti mobili che necessitano di lubrificazione dovranno essere trattate con grassi compatibili con l’ossigeno.
Nelle camere iperbariche di nuova costruzione, l’ossigeno va distribuito ai vari punti di utilizzo con tubazioni e reti di derivazione disposte all’esterno della camera iperbarica, in modo che all’interno vi sia il solo punto di attacco del sistema di respirazione, e non l’intera rete.
I pazienti respirano l’ossigeno attraverso un dispositivo chiamato erogatore a domanda, che ha la funzione di far arrivare il gas alla maschera con la stessa pressione alla quale si trova il paziente e solamente per il tempo che viene richiesto.
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